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Gerardo Cianfarani
| Raccolto ho sulla spiaggia un sassolino
come se fosse cera levigato,
dalle schiumose onde sballottato
che lì parea finisse il suo cammino.
A lui ho chiesto mi dicesse quanto
nel suo ruzzolar per valli e monti,
furia di venti oppur rossi tramonti,
grida udisse oppur d’amore un canto.
-Dall’alto d’una vetta e tra la neve
mi spinse forte a valle una tempesta
che grande molto più di quanto resta
pesante ingombro avevo che ora è lieve.
Dall’acqua fredda ancora più del ghiaccio
avvolto fui e poi rimescolato,
da rivolo cadente strapazzato
come se piuma fossi oppure straccio.
Finito poi che fui dentro un ruscello
greggi e farfalle ornavan quella riva:
un cielo azzurro tutto ricopriva,
stendeva la natura il suo mantello.
Nell’aria profumata un volteggiare
di bruni e cinguettanti passerotti
e con la luna illuminar le notti
udii di grilli e rane il lor cantare.
Udii delle cicale il mormorio
che il sole tempestava di calore;
d’armenti il piede e del lor pastore
mosso e rimosso fui dal calpestio.
Venne tempesta e forte cadde pioggia,
da vorticose acque fui rapito
e in fiume ebbi allora nuovo sito.
Vidi di piante e fiori grande foggia
e il vento udii soffiar tra quelle fronde
e il sussurrar d’amore degli amanti;
dei bimbi vidi i dolci lor sembianti
ed il sudor della rugosa fronte
raccolsi dei braccianti in ampio campo
intenti a procurar sostentamento;
urtai e rimbalzai contro il cemento
che all’acqua crea innaturale inciampo.
Avvolto fui da screzi e sporche acque
che l’uomo senza cura ognor disperde
e quanto a lui avanza lì si perde
rendendo del doman le sorti vacue.
Girando e rimbalzando miglia e miglia
per quanto tempo chi potrebbe dire:
ché a natura ognun deve ubbidire
perché del Creatore è degna figlia.
Mi ritrovai su spiaggia assolata
dalla cullante onda rinfrescato:
il mio percorso lungo e travagliato
al fine aveva posa sospirata.
Ora contemplo quanto è grande il mare
con l’incessante moto delle onde;
vedo lontano l’innevato monte
dove principio ebbe il mio vagare.
Tra queste sabbie giaccio riposando
il lungo ruzzolar per valli e monti,
tra gli argini fioriti e sotto i ponti,
da vortici percosso e rimbalzando.
Gioiose sento intorno voci liete
che godono del mar la dolce brezza
e il calpestio a me è dolce carezza
d’una fanciulla il tenero suo piede. |
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